LIBROTERAPIA: COME UN LIBRO TI CAMBIA IL CERVELLO
FLAVIO ALIVERNINI
Stavolta è proprio il caso di dirlo, un libro può cambiare la vita di una persona. O quantomeno, il suo modo di pensarla.
Secondo uno studio condotto negli U.S.A. dalla Emory University e pubblicato dalla rivista Brain Connectivity, infatti, leggere un romanzo può produrre effetti sulle funzioni e la struttura del nostro cervello. Del resto, già nel 2006 una ricerca aveva testimoniato lo stretta relazione fra mente e suggestioni grafologiche, dimostrando come leggere le parole “caffè” o “profumo”, stimolasse immediatamente la parte del sistema celebrale connessa al senso dell’olfatto.
La novità, stavolta, sta nel tentativo di dimostrare come questi effetti non si limitino al tempo della lettura, ma abbiano delle conseguenze strutturali su chi si dedica a un buon libro. Partiamo dall’esperimento: ventuno studenti sono stati sottoposti per 19 giorni a una risonanza magnetica funzionale (fMRI): per i primi 5 giorni a mente sgombra. Poi per 9 giorni ancora, durante i quali si sono dati alla lettura di “Pompei”, un volume di Robert Harris. Ogni sera, peraltro, sono stati anche interrogati dai professori della Emory, i quali volevano accertarsi che effettivamente stessero svolgendo il loro compito.
Finito il romanzo, ancora 5 giorni in fMRI poi i risultati: “i cambiamenti neurologici che abbiamo rilevato ci testimoniano come la lettura di un romanzo ci può trasportare nel corpo del protagonista” - ha detto Gregory Berns, uno degli autori dello studio - “sapevamo già che nelle buone storie si possono vestire i panni di qualcun altro, in senso figurato. Ma ora ci accorgiamo che, quando questo avviene, qualcosa accade anche dal punto di vista biologico”.
Le risonanze magnetiche funzionali, anche quelle dei giorni successivi alla lettura del romanzo di Harris, hanno mostrato un incremento di connettività in alcune aree del cervello degli studenti come la corteccia temporale sinistra, quella riservata alla ricettività del linguaggio e alla comprensione delle emozioni e delle sensazioni motorie.
L’attivazione aumentata di queste regioni cerebrali sarebbe la prova, secondo gli autori, che durante la lettura il nostro cervello si “immerge” completamente nelle emozioni e situazioni descritte nei libri. Non solo.
I lettori attraverso le pagine di un romanzo, sarebbero addirittura in grado di sviluppare quella che gli autori della ricerca chiamano “emboded semantics”, un processo celebrale in cui pensare un’azione rispecchia la connettività che si verificherebbe se l’azione fosse realmente svolta. In parole povere, pensando a una nuotata si potrebbero innescare le stesse connessioni neurologiche di una sessione di nuoto in piscina.
Gli autori non sanno quanto possano durare nel tempo gli effetti riscontrati sugli studenti qualche giorno dopo la lettura, ma si dicono certi che leggere rafforzi quelle aree del cervello potenziandone la funzionalità.
FONTE : http://www.lastampa.it/societa
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