QUEL BISOGNO DI ESSERE "BUONE" PER ESSERE AMATE
Per lungo tempo siamo stati abituate a pensare che per essere amate e per essere in qualche modo "premiate" dalla vita occorresse essere buone, docili, pazienti.
Nella maggior parte dei casi l'ideale a cui fare riferimento era un modello irraggiungibile, lontano da quello che sono le attitudini e anche i difetti - perché no? - di qualsiasi essere umano. Così come agli uomini è stato insegnato che per essere uomini veri dovevano non piangere e non essere deboli ( nel senso di sensibili) così alle donne sono stati affibbiati modelli di comportamento spesso inconciliabili con le passioni e le fragilità e i bisogni di una persona di carne, ossa e sangue.
Da piccoli ci hanno insegnato che se facevamo i "cattivi" piangevano la mamma, Gesù, il parroco, la maestra e tutti i parenti, convincendoci nella maggior parte dei casi che la felicità di chi avevamo accanto dipendesse unicamente da noi, dal fatto di essere ubbidienti e possibilmente creare pochi fastidi. Giocando, spesso inconsapevolmente e con buone intenzioni, sul senso di colpa e il senso di non essere mai abbastanza, di dover fare sempre di più per rendere felici gli altri.
Quando siamo bambini la nostra sopravvivenza dipende unicamente dall'accudimento degli adulti e in particolare della madre. E' quindi normale che per ricevere quelle attenzioni e quelle cure si sia disposti a scendere a qualsiasi compromesso, perché sentiamo che la nostra stessa vita dipende da quelle cure e quelle attenzioni. A loro volta i nostri genitori hanno probabilmente ricevuto un educazione analoga, per cui si sono mossi su binari conosciuti cercando in buona fede di darci la migliore educazione.
Ora però siamo adulti.
Siamo qui per vivere la nostra vita e questa è l'unica possibilità che abbiamo adesso, perché alla fine tutto il passato e tutto il futuro si ritrovano in questo presente. Il tempo e la vitalità che possediamo
sono doni preziosi e l'unico peccato è lo sprecarli per fare la vita di qualcun altro, per rispondere a un modello che non siamo noi.
Siamo tutti connessi l'uno all'altro.
E questo non è solo un modo di dire o un concetto astratto.
Le mie parole, le mie azioni e anche le mie emozioni, tradotti in gesti e sguardi, influenzano eccome gli altri intorno a me, così come io vengo influenzata dagli altri. Però prendiamo anche coscienza del fatto che ogni adulto ha per primo la responsabilità della propria felicità. Noi stesse abbiamo la responsabilità della nostra felicità e della nostra vita. Solo noi possiamo rispettare davvero i nostri tempi e le nostre esigenze, perché solo noi conosciamo davvero i nostri bisogni profondi.
A volte le restrizioni e i legami con quel che dovremmo essere sono così forti che non riusciamo nemmeno a dirci chiaro cosa vogliamo, tanto è la sensazione di essere sbagliate.
Mi capita spesso di sentire donne raccontarmi che quando sono in vacanza o lontano da casa si sentono diverse, più simili a se stesse, hanno chiaro quel che desiderano e si sentono in diritto di ricercarlo. Questo accade perché uscendo fisicamente dalla forma pensiero nella quale siamo immerse ci legittimiamo ad accogliere quello che proviamo, così come è.
Ma quello che proviamo, i sentimenti, le emozioni, le attitudini nostre, sono quelle che ci rendono speciali, segnano la strada che abbiamo il diritto di tracciare per rendere il mondo un posto più vivo, più unico.
Sovente tra l'altro reprimere il nostro "getto naturale" ci obbliga a muoverci di nascosto, in sordina, ci porta paradossalmente a compiere proprio quelle azioni ... chiamiamole "scorrette" ... che non avremmo mai voluto compiere. In primis contro noi stesse.
Questo condizionamento esterno è normale e naturale.
Occorre tempo per discernere.
E questo tempo varia da persona a persona.
Non ci sono gare, non c'è da vincere un premio e non esiste un voto.
Fa parte anche questo del nostro percorso, di chi siamo nel profondo. Va rispettato e accolto come una parte di noi.
Ed io questo tempo e questo percorso lo trovo sempre incantevole. Non importa quanto lungo sia o quanto contorto, o ancora rapido e semplice. E' comunque incantevole e speciale.
Sara
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