LAVORO E VOCAZIONE





Ultimamente in molti, moltissimi, lamentate difficoltà nell'ambito lavorativo.
La situazione economica e umana si fa sempre più impegnativa a livello generale e quindi le esperienze legate al denaro e al potere portano maggiormente in luce dinamiche distorte e inciampi.
Sperimento ogni giorno che la finalità ultima di ognuno sia portare nel mondo la propria vocazione, intesa come la manifestazione nel quotidiano di quello che è la nostra profonda natura.
E quindi il miglior modo per lavorare è fare esattamente quello che amiamo di più: più spesso di quel che si immagina scopriamo così che quel che amiamo coincide in genere con quel che ci viene meglio fare!
Però è indubbio che a volte siamo costretti in situazioni in cui dobbiamo restare anche se non risuonano per nulla con noi, costretti di conseguenza anche in relazioni inutili o addirittura dannose.
Quando questo accade è fondamentale ricordarsi che restiamo dove siamo perché in realtà a noi per il momento conviene così. Fare luce su questo con sicurezza ci porta a vivere in modo più consapevole il tornaconto personale e a contare i pro e contro in modo lucido, senza cadere nel vittimismo.
Purtuttavia svelare che al momento questa posizione è la migliore non deve diventare la rinuncia e la desolazione che vedo sempre più spesso accadere.
Mi capita di incontrare moltissime persone che non cercano minimamente di cambiare la propria situazione, rassegnate e inermi.
Ma tra l'accettare che le cose al momento sono quelle che sono e il cadere nello sconforto e nella rassegnazione c'è una bella differenza!

Invito a trovare quel luogo- dentro e fuori- in cui gli esseri umani restano pericolosi!
Non vendicativi, rancorosi, frustrati, infelici, invidiosi, calcolatori. Queste sono le conseguenze della perdita del proprio potere, della rassegnazione e dello sconforto.
Io richiamo quel luogo dove gli esseri umani restano pericolosi, volitivi, responsabili, creativi, intuitivi. Saggi e potenti.
Trovare quel luogo selvaggio dove tutto quel che è stato abbattuto può ricrescere.
Dove quello che è imprigionato torna libero.

C'è sempre un'altra strada, un altro modo, altre uscite inaspettate.
Ogni labirinto svela tra le sue mura il segreto della sua risoluzione.
Se non esiste uscita diversa dall'entrata si tratterà solo di ripercorrere il percorso fatto fino a qui. E se chiudono il passo alle vostre spalle troverete il modo di arrampicarvi e fuggire. Troverete il modo di scavare e scappare.
Lo farete!
Sarà chiarissimo il motivo per il quale siete finiti dentro a quel labirinto, l'angolo nel quale passavate e ripassavate senza scelta.
Soprattutto sarà chiaro sopra a ogni altra cosa il motivo per il quale non avrete più bisogno di restare lì.


                                                   SUL LAVORO di Kahlil Gibran

Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo:

Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l’anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l’infinito.
Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica. Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta quando tutte le altre cantano all’unisono ?
Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.

Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.
Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte, allora vi rispondo : tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto.
Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti.
E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio,
E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,
E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,
E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;
E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio.
E cos’è lavorare con amore ?
E’ tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato.
E’ costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
E’ spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
E’ diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.

Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
“Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la terra.
E chi afferra l’arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi”.
Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d’erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato.

E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l’elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l’uomo del tutto.
E se spremete l’uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l’uomo sordo alle voci del giorno e della notte.


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