LA LEGGENDA DEL FIORE SULLA NEVE: I 3 INSEGNAMENTI DEI SAGGI
C'è un'antica leggenda senza storia.
Molti la raccontano ma nessuno sa da dove provenga. Forse dalle foreste della Germania del nord o ancora dai ghiacci della Finlandia.
Alcuni parlano di una grande nevicata che investì le coste tra la Spagna e la Francia e che vide la nascita di questo fiore davvero speciale.
Si dice che sbocci una volta ogni 100 anni.
Più o meno con la stessa frequenza in cui accade un amore vero sulla terra.
Ecco la vicenda come la raccontano.
Nara era una figlia dei ghiacci.
Suo padre e sua madre si erano abituati fin dal suo settimo compleanno a vederla scomparire sotto le più intense nevicate. Scompariva e poi riappariva così, come se niente fosse. Sembrava che avesse un suo senso tutto speciale per la neve, un fiuto infallibile per intuire nevicate e improvvisi sprazzi di sole, la strada dove strada non c'era più perchè strati di bianco l'avevano sepolta.
Un giorno, verso il solstizio d'inverno, arrivarono menestrelli da un paese che nessuno conosceva e iniziarono a intonare canti e melodie.
Dicevano così:
C'è un fiore speciale che nasce
dalla nevicata più alta dell'inverno
ogni cento anni
ogni cento anni.
Sboccia sulla cima del fuoco
nel punto più pericoloso del dirupo
ogni cento anni
ogni cento anni.
Raccoglierlo significa esaudire
tutti i desideri del tuo cuore,
ma se ti volti dopo lo strappo
allora incomincia l'orrore.
Ogni cento anni
ogni cento anni.
Nara osservava senza interesse le strade del paese dove alcuni suoi compagni stavano correndo e non prestò nemmeno un secondo di attenzione agli straccioni che intonavano follie. Storie di ubriaconi pazzi che nessuno mai ascoltava. Iniziò a canticchiare lo stesso ritmo continuando a giocare con le gocce che scivolavano lungo i vetri, tra la condensa del freddo e il calore della casa.
Passò tutta la giornata.
E arrivò la sera.
Gli animali nel caldo delle stalle, nel respiro fatto denso dalla neve. Leggera.
Fu durante il sogno. Uno di quei sogni in cui sai benissimo che stai sognando ma proprio non riesci a non comportarti come se tutto fosse vero. Il ritornello accompagnava le immagini e Nara, nel sogno, continuava a camminare. Vide neve. E vide gli uomini che cantavano la filastrocca del pomeriggio trasformarsi in piccoli uccelli verdi e volare via.
Incastrata in quel luogo in cui cerchi di svegliarti ma non puoi.
Provi a dormire ma non puoi.
Gli uccelli verdi lontani e la filastrocca ancora nell'aria.
Alla fine l'equilibrio scivolò lungo il sonno e Nara caddè in un riposo tranquillo.
Appena sveglia non pensò neppure a quel che aveva sognato.
Passarono i giorni. Con quel leggero fastidio che provi quando sai che c'è qualcosa di importante da fare ma non riesci a comprendere cosa. Come un dolore che ti spinge inevitabilmente verso un luogo sconosciuto ma inevitabile. Nara si aggirava inquieta, aveva smesso anche di uscire a giocare sotto la neve.
Fino al giorno in cui all'improvviso incominciò a canticchiare la filastrocca
... ogni cento anni
ogni cento anni...
e allora tutto diventò chiaro.
Ci mise qualche giorno. Qualche giorno ad annusare l'aria e a sentire la quantità di neve che sarebbe arrivata. Qualche giorno per decidere il percorso migliore per arrivare sulla cima del vecchio vulcano.
Senza meta e senza una strada.
E finalmente l'odore della neve arrivò. Verso il bosco il vento smise di soffiare e divenne tutto silenzio, tutto fermo. E dal cielo la bianca neve iniziò a scendere.
Nara partì senza avvisare.
Percorse la strada centrale del paese verso il bosco, salì agile un dosso mentre la neve aumentava. Incominciò la salita così veloce che una lepre nascosta pensò la volesse mangiare viva.
Camminò per almeno 2 ore e poi la neve divenne bufera.
E all'improvviso si accorse che era solo una bambina piccola, che il bosco e il ghiaccio potevano ucciderla, che le forze forse potevano non bastare. Che casa era lontana e che farsi male poteva significare non avere più la possibilità di muoversi.
E non muoversi significava morire.
Che forse questo fiore nemmeno esisteva e che se anche fosse stato vero lei avrebbe potuto comunque morire. Non arrivare mai alla meta e non poter mai più tornare a casa.
E pianse molto.
E l'inquietudine che aveva provato i giorni precedenti divenne paura. La convinzione che tutto quel trambusto fosse dovuto a un cattivo presagio. La solitudine, il sapersi vulnerabili.
Pianse e camminò.
Continuò a camminare.
E finalmente giunse sulla cima del vulcano.
La tempesta vorticava e Nara pensò che era finita. Non c'era nessun fiore e conveniva tornare a casa prima possibile. Girandosi vide una piccola rientranza dove la neve entrava più rada e decise di fermarsi un attimo a riposare e piangere.
Sotto la terra, sotto ai suoi piedi, lava incandescente ribolliva, nel vecchio vulcano ormai spento. Lungo i sotteranei di pietre e vie una piccola radice aspettava il momento giusto per fiorire.
Non un attimo prima e non un attimo dopo.
Inevitabile e necessaria.
La neve non era così alta dentro la piccola grotta, appena due dita.
E la tempesta di neve era nel momento esatto della sua più grande intensità.
Ci fu un calore e poi una piccola scossa nel terreno, come una corrente sotteranea di fili, un rinascere di qualcosa che non voleva più essere sprecato.
E in un attimo la radice bucò la terra, salì come a sgranchirsi verso il cielo, srotolandosi verso un fiore giallo e pollinoso, che si aprì e per un attimo brillò di un bagliore strano e bellissimo.
Nara non poteva credere ai suoi occhi.
Prese di corsa il fiore e si girò per scendere lungo la strada fatta fino a qual momento.
Ma dopo una decina di passi si accorse che la neve era troppa e pensò di non farcela, che sarebbe stato meglio tornare sotto la caverna. Fu una frazione di secondo in cui ricordò .... ma se ti volti dopo lo strappo, allora incomincia l'orrore... E proseguì. Proseguì altri dieci passi e si accorse di aver perso una parte della sua boraccia e di nuovo pensò di voltarsi, ma di nuovo ricordò la filastrocca e proseguì. Proseguì altri dieci passi e ululati spessi e vicini incominciarono a farsi fitti di fronte a lei.
Pensò di tornare indietro. Pensò di proseguire. E di nuovo pensò che era finita, che comunque non era lei destinata a raccogliere il fiore, che sarebbe morta.
Ma di colpo si ricordò: raccoglierlo significa esaudire tutti i desideri del tuo cuore....
Voglio andare a casa!
La mattina seguente si svegliò nel suo letto, gli abiti asciutti e caldi sotto le coperte.
Una manciata di polline sul cuscino.
Non visse per sempre, ma visse ancora per molti, molti anni. Nonostante il suo dono straordinario non fu sempre felice e contenta. Perchè questa è una leggenda. Non una bugia.
Però sperimentò tante cose meravigliose e fu a lungo lontana da molte noie e preoccupazioni che affliggono la maggior parte di noi.
Poi un giorno, quando fu molto, molto vecchia, decise di vestirsi di stracci e di andare a suonare una filastrocca sotto le finestre del suo ultimo nipote. E quando quel giorno finì di cantare e strimpellare dicono di averla vista allontanarsi. Dicono anche che un verde uccellino prese a volare librandosi nell'aria di ghiaccio, verso il cielo e verso la neve, proprio lì, dove leri era scomparsa.
Seguire il proprio sogno, perseverare e non voltarsi mai indietro.
Questo il canto della neve.
Questo il dono magico del fiore incantato.
Sara
Riproduzione consentita con citazione della fonte https://lasorgenteeladea.blogspot.com/
Commenti
Posta un commento