CATTIVE RAGAZZE CHE VANNO IN PARADISO: EMILY E LA POESIA





Un vestito su di una sedia ad Amherst dal 1830.
Emily Dickinson lascia di sé le tracce leggere.  Non distrugge, non fa rumore, solleva piano tende ed emozioni e lascia che la luce entri senza fretta. Insondabile. Leggera e frastornante come tutte le cose monumentali. A 23 anni si chiude in casa e non ne esce più. Non c'è una sola ragione a questo comportamento: il mistero di questo scelta resta legato a lei e al suo enigma. Una scelta di fuga dal mondo per rifugiarsi in un altro tempo. Scrive a suo fratello:
"C'è un altro cielo,sempre sereno e bello,
e c'è un'altra luce del sole,
sebbene sia buio là -
non badare alle foreste disseccate, Austin,
non badare ai campi silenziosi -
qui è la piccola foresta
la cui foglia è sempre verde -
qui è un giardino più luminoso -
dove il gelo non è mai stato,
tra i suoi fiori mai appassiti
odo la luminosa ape ronzare,
ti prego, Fratello mio,
vieni nel mio giardino!
"
Forse è questo "altro" che cerca dentro le mure, oltre le finestre aperte sul giardino. Una ricerca di semplicità e concretezza che apre squarci a una spiritualità profonda. La ribellione vera, non urlata, a tutto quello che è forma, a favore di questo altro cielo, di questa altra luce. 

La sua poetica esce totalmente dalle regole del tempo: è intimista, solitaria, scritta per sé e quindi libera dal bisogno di piacere e dalla paura di non essere riconosciuta. Parole semplici liberate dall'onere retorico, un romanticismo viscerale e sottile che si esprime con linguaggio assolutamente anti-romantico.
C'è in lei una sfacciata ribellione alle riforme cristiane del tempo, notevole per una donna del suo secolo, che si esprime attraverso la ricerca di una spiritualità velata in ogni cosa, dove ogni cosa diventa velata di anima. La direzione finale della sua vita e le urgenze che la spingono a scrivere le sue poesie non possono che essere spirituali, dove spiritualità ha il senso di profondità, ricerca intimista di sè e di Dio e di Dio dentro di sè.
Aveva una comunicazione con il Divino e con quello che oggi chiameremo Sè Superiore libera e "pagana", senza idee di peccato e colpa.
Aveva fede nella sua propria divinità, certa del Divino molto più che ogni suo pari, perchè dentro di lei Dio cantava le sue melodie. Non proclamava di avere fede assoluta in un bene superiore o nella bontà Divina, anzi! La sua poesia vive di dubbi ma è libera dalla paura. Dalla paura di una punizione e del peccato. Libera di accogliere l'amore di Dio senza temerlo. Innocente e sontuosa vede Dio manifestato nella natura e non cessa di scrivere di quel Divino che riconosce su ogni foglia e su ogni uccellino.
"Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano.
"

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